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i caratteri morali


Letteralmente: «dopo masticato ».

Forse πανουργίον A ogni modo il vocabolo sonava offesa per il padre.

L’elléboro era un’erba frequentemente adoperata dall’antica medicina.

Accetto la bella correzione di Giorgio Pasquali dell’εὖ ποιῶν dei codici in εὖ ποτίζων, che significa per appunto abbeverar le bestie.

Traduco «è bell’e pronto» per rendere il significato del perfetto greco παρασκεύασται.

L’ἤδη corrisponde qui al nostro «subito».

Nota poi come elegantemente Teofrasto passi dal discorso indiretto al diretto, e come anche in italiano resulti più viva la scena.

    freno la lingua, ma ciarla senza garbo né discretezza rispetto al pudore, come un boccalone volgarissimo.

21.

LA VANITÀ

La vanità parrebbe essere volgare1 appetito di onore, e il vanesio2 cotal uomo che invitato a desinare mangia seduto accanto al padron di casa. E il figlio ei lo conduce in Delfi3 a tosarsi, e cerca di avere per accòlito un Etiope; e se deve pagare una mina di argento, fa di pagarla in moneta nuova di zecca. E se ha sacrificato un bue, la pelle della testa l’inchioda dirimpetto all’ingresso di casa legandola tutto intorno con grandi corone, affinché quelli che entrano vedano ch’egli ha sacrificato un bue; ed è capace di acquistare una scaletta per il corvo che alleva in casa4 e di fargli fare uno scudetto di metallo affinché con esso il corvo salga sulla scaletta. E dopo aver preso parte al corteggio insieme co’ cavalieri, dà al paggio ricondurre a casa gli equipaggi5 ed egli rinvolto nel manto passeggia in speroni su e giù per la piazza. E se gli muore il cagnolino maltese, gl’innalza una


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