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i caratteri morali

verchiamente; e se il servo gli fracassa la pentola o la scodella, la sbatte dal suo salario. E se sua moglie smarrisce tre centesimi, egli è capace di mettere sottosopra le suppellettili, i letti e gli armadi e di frugar4 nelle coperte. E se vende un oggetto, lo vende a tanto che non torna utile al compratore; e non lascia assaggiare i fichi del suo orto, né che si attraversi il suo fondo né che si raccolga un fico o un dattero di quelli che son caduti a terra5; e ne ispeziona i confini tutti i giorni se sono sempre gli stessi. È capace perfino di riscuotere la mòra di un giorno e l’interesse dell’interesse; e quando convita quelli del rione imbandisce carni che ha tagliato a pezzettini6, e se va a far la spesa ritorna a casa senz’aver comprato nulla. E proibisce alla moglie di non dare in prestito né sale né lucignolo, né comino7 né origano, né bende, né farro né chicchi d’orzo (o roba da sacrifizi)8, ma dice che in capo all’anno queste minuzie fanno il molto. E insomma, degli spilorci è possibile vedere tarlati anche gli scrigni del danaro, e le chiavi arrugginite9; ed essi poi portar vestiti più corti delle gambe10, ungersi da ampolline piccole piccole, e andar rasati fino alla pelle11. E sul mezzo del giorno levarsi le scarpe12; e scongiurare i tintori13 che il loro vestito lo puliscano con di molta terra, affinché poi non si insudici subito.

Letteralmente μικρολόγος significa «colui che calcola le piccole cose», e che però tiene conto d’ogni minuzia, che rabbatte e detrae il quattrino di dove lo può dibattere, ed è duro a spendere. In italiano potremmo chiamarlo anche «rabbattino», o anche avari «stillino», o anche e «tirchio», che son sinonimi, e che, senza essere avari spaccati, ci tirano però, e son tenaci e stretti e meschini. In latino: deparcus, tenax, sordidus, strictus, aridus.

Leggesi in Aristotele un passo dal quale resulta che τὸ διάφορον = sumptus.

L’edizione del Diels ha con i più recenti codici ἐπὶ τῆν οἰκίαν, e traduco di conseguenza. Ma mi piace ricordare l’ingegnosa congettura di Unger ἐπιτοκίαν che sarebbe «d’interesse», cioè a dire che lo


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