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catura da sè. Un lavoro delicato precede e accompagna la burla, e si capisce che una burla riuscita resti immortale. Vero è che se ne parla di più se la raccontò un uomo come Shakespeare, ma dicesi che anche prima di lui si parlasse molto di quella fatta da Jago.

Può anche essere che le altre burle del Gaia fossero più innocue di questa di cui qui si tratta. In Istria e in Dalmazia le burle dovevano promuovere i buoni affari. Quella ch’egli fece a Mario fu invece intinta di vero odio. Sì. Egli odiava ferocemente il suo grande amico. Non ne era forse del tutto consapevole, perchè egli era anzi convinto di non sentire altro che una viva compassione per Mario, quel disgraziato che era tanto presuntuoso, e non aveva nulla a questo mondo, cacciato com’era in un impieguccio nel quale mai avrebbe potuto progredire. Quando parlava di Mario, egli sapeva atteggiare la faccia a compassione, ma torcendo le labbra in modo da significare anche una minaccia.

Lo invidiava. Il Gaia apparteneva alla gozzoviglia come Mario apparteneva alla favola. Mario sorrideva sempre e lui rideva molto, ma