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286 | r. serra |
Ora, queste opinioni del Pascoli tendono a stabilire, tra l’altro, due cose: che Dante ha derivato le nere cagne da Virgilio: che nel crearle ha obbedito a una di quelle leggi, e ha usato uno di quegli artifizî, che io, poco fa, ho penato tanto a combattere. L’una e l’altra contrarie affatto alla mia tesi. Come scartarle?
Molte parole potrei dire su la bontà, o meno, del metodo, di cui si serve il Pascoli per far sue scoperte su la Divina Commedia: ma, lasciando le generali, ragioni di fatto ben più convincenti mi si offrono. Le nere cagne non sono biformi. Se Dante, ’in suo pensiero’, le ha fatte equivalenti alle Arpie, io non so: ben so che questo pensiero e’ non lo ha estrinsecato in nessuna guisa: nè siamo tenuti a supporlo senza prove. Ha descritto sì chiaramente la mescolanza dell’umano col bestiale nel corpo delle Arpie, p. es., o della sozza imagine di froda, che avrebbe potuto e saputo benissimo far altrettanto qui.
Invece non un segno, non un indizio della duplice natura, nella pennellata franca, potente, con cui ci fa balenar davanti agli occhi la selva brulicante
di nere cagne, bramose e correnti
come veltri, che uscisser di catena.
Ma «le cagne non le ha meglio descritte, perché, infine, una parte umana difficilmente poteva loro concedere». O allora perché scegliere le cagne? Mancavano forse nella mitologia classica o nei bestiarî del Medio Evo, animali e mostri bicorpori?
Ma si volle tener stretto a Virgilio1. O forse non se ne scostò introducendo i fastidiosi vermi nel vestibolo e i serpenti nella bolgia dei ladri?
Se dunque, in una occasione come questa, Dante ha trascurato affatto la legge, che, secondo il Pascoli, lo doveva guidare, senza che nulla lo costringesse a far ciò, bisogna riconoscere, mi pare, che la legge esiste solo nella mente di un interprete, ma che Dante non la formulò e non la prese a norma nella sua creazione.
- ↑ Il Pascoli veramente non afferma che tutti i mostri e i simboli infernali sian tolti dall'Eneide; dice che son ’pagani’. Del resto per la questione dei rapporti fra l’ Eneide e l’ Inferno, vedi il D'OVIDIO, Studi sulla D.C., pp. 225-240: e le pagine, piene d’ingegno e d’ingegnosità, del PASCOLI stesso, Mirabile Visione, pp. 485-553, 720-737.