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22 notte prima

E cosí detto lo scacciò da sè, e mandollo in sua mal’ora; né piú di lui se intese novella alcuna. Ma Teodora, alle cui orecchie era giá pervenuta la nova della liberazione di Salardo, se ne fuggí; e, andatasene in un monasterio di suore, dolorosamente finí la vita sua. Indi Salardo, persentitaI_I_9 la morte di Teodora, sua moglie, chiese buona licenza dal Marchese, e da Monferrato si partí ed a Genova ritornò: dove lietamente lungo tempo visse, e per Dio dispensò la maggior parte de’ suoi beni, ritenendone tanti, quanti fussero bastevoli al viver suo.

Aveva la favola, da Lauretta raccontata, piú volte mosse le compagne a lagrimare; ma poi che intesero Salardo esser liberato dalla forca, e Postumio vituperevolmente cacciato, e Teodora miseramente morta, si rallegrarono molto, e resero le debite grazie a Dio che da morte l’avea campato. La signora, che attentamente ascoltata aveva la pietosa favola e quasi ancora da dolcezza piangeva, disse: — Se queste altre donzelle nel narrar le loro favole se porteranno sí valorosamente come ha fatto la piacevole Lauretta, ciascheduna di noi si potrá agevolmente contentare. — E senza dir altro, né aspettar altra risposta, le comandò che ’l suo enimma proponesse, acciò che l’ordine dato nella precedente sera si osservasse. Ed ella presta a suoi comandamenti con lieto viso cosí disse.

     Nacqui tra duo serraglia incarcerata;
e di me nacque dopo un tristo figlio,
grande come sarebbe, ohimè mal nata!
un picciol grano di minuto miglio:
da cui per fame fui poi divorata,
senza riguardo alcun, senza consiglio.
O trista sorte mia dura e proterva,
di madre non poter restar pur serva!

Non senza grandissimo diletto fu da tutti ascoltato il dotto ed arguto enimma dalla festevole Lauretta ingeniosamente raccontato, e chi in uno modo e chi in un altro lo interpretorono. Ma niuno fu che aggiungesse al segno. Laonde la vaga