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favola prima 21

Ma poscia che alquanto in se medesimo rivenne e considerò l’error suo in aver inavvedutamente condannato lo innocente amico a morte, alciò gli occhi quasi di lagrime pregni, e guardando fiso nel volto di Salardo cosí li disse: — Salardo, se ora tu potesti penetrare con gli occhi dellaI_I_8 parte di dentro del mio cuore, apertamente conosceresti che la fune, che ti ha fin’ora tenute legate le mani, e il capestro, che ti ha circondato il collo, non hanno apportato a te tanto dolore quanto a me affanno, nè tanta pena a te quanto a me doglia; nè penso mai piú viver lieto e contento, poi che in tal maniera ho offeso te che con tanta sincera fede mi amavi e servivi. E se possibil fusse che quello è giá fatto si potesse annullare, io per me lo annullarei. Ma essendo ciò impossibile, sforzerommi con ogni mia possa di ristaurare in tal guisa la ricevuta offesa, che di me rimarrai contento. — Ciò detto, il Marchese con le propie mani li trasse il capestro dal collo e le mani li sciolse, abbracciandolo con somma amorevolezza e piú fiate basciandolo; e presolo con la destra mano lo fece appresso sé sedere. E volendo il Marchese che ’l laccio fusse posto al collo di Postumio per suoi malvagi portamenti, ed impiccato, Salardo no ’l permesse; ma, fattolo venire a sè innanzi, disseli tai parole: — Postumio, da me per Dio da fanciullo insino a cotesta etá allevato, io di te sallo Iddio che non so che fare. Da l’una parte mi tira l’amore che io fin ora ti ho portato; da l’altra mi trae lo sdegno contra te per li tuoi mali gesti conceputo. L’uno vuole che come buon padre ti perdoni; l’altro mi essorta che contra te rigidamente m’incrudelisca. Che debbo dunque far io? Se io ti perdono, sarò mostrato a dito; se farò la giusta vendetta, farò contra lo divino precetto. Ma acciò che io non sii detto troppo pio nè troppo crudele, torrò la via di mezzo: e da me non sarai corporalmente punito, né anche ti fia da me al tutto perdonato. Prendi adunque questo capestro che tu mi avevi avinchiato al collo, ed in ricompenso de’ miei beni, che tu desideravi avere, lo porterai teco, ricordandoti sempre di me e del tuo grave errore: stando da me sí lontano, che mai non possi piú sentir nova di te. —