Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
capo quarto | 605 |
conveniva che andassero a mangiare e a dormire nella casa del borgo. Cola pertanto si risolvettero di far ritorno sul fine del 1654; e il dì dell’Epifania dell’anno seguente cominciarono ad ufficiare la chiesetta che la pietà del principe Maurizio di Savoia aveva loro edificata.
Mandava intanto vivi splendori di santità la nascente congregazione, sicchè veniva richiesta di dedur colonie a Chieri ed a Racconigi. E ne’ Torinesi vieppiù crescea la stima de’ padri, e s’accendea la divozione a S. Filippo, massime per una corona ch’ei solea recitare, e che si portava con felice successo ai malati, come ancora si porta.
Desideravano pertanto i Torinesi, non meno che i padri, che l’Oratorio di S. Filippo potesse trasferirsi entro le mura. Rivolsero questi l’animo ad ottener la cessione della chiesa parrocchiale di Sant’Eusebio. Era la medesima di patronato dei signori della Rovere, nobilissima stirpe che allora stava per estinguersi nelle persone del marchese Carlo, e d’un suo fratello scemo di mente.
Lunga ed aspra fatica fu l’ottenerne il consenso. Impossibile d’ottener quello del rettore d’essa parrocchia. Finchè uscito il medesimo di vita, e succedutovi l’abate Pier Gioffredo di Nizza, illustre scrittore, stato poi precettore dei Reali principi,2 si mostrò esso tanto amico e condiscendente verso i Filippini, quanto ritroso ed avverso erasi mostrato