Pagina:Storia di torino v2 cibrario 1846.djvu/527


capo terzo 523

nazionalità italiana, la possa e l’onor dell’armi cittadine, Paura che feconda e nudrisce la sacra favilla degli ingegni, la preminenza degli studi più virili e più generosi, il forte sentire e ’I forte operare, la volontà che s’innerva fra gli ostacoli, e sa infrenarsi e durarla per vincere, conviene, dico assolutamente, che questa terra divenga esempio all’Italia, così di civili ordinamenti, come d’ottima educazione religiosa, civile e letteraria.

Scendendo questa strada, la prima chiesa che si incontra è quella di San Francesco di Paola, e che fu de’ Minimi, coll’annesso convento.

Questi frati erano già introdotti a Torino nel 1627, e si trattava d’edificare loro una chiesa al Valentino.1 Cinque anni dopo la chiesa era costrutta nel sito in cui ora si vede per munificenza di Maria Cristina.2 Accadde allora un caso che trafisse il cuore di tutti i buoni. Levavasi innanzi alla chiesa una gran croce. Una mattina trovossi per mani scellerate abbattuta, ed appeso il titolo della medesima alle colonne della forca.3 La città gareggiò coi principi in divole espiazioni per quell’oltraggio.

Se la fabbrica della chiesa era a un dipresso compiuta nel 1634, assai tempo e danaro fu ancora impiegato nello abbellirla ed arricchirla, e dotarla di ricche suppellettili, nel che instancabile veramente fu la liberalità di Madama Reale e di Carlo Emmamiele ii. Anzi, quest’ultimo nel 1651 essendo caduto