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486 | libro quarto |
sua nobiltà, il suo spirito, il suo genio, il quale inchinavalo all’altrui disprezzo ed alla mordacità degli scherzi più pungenti aveangli guasto ed enfiato il cuore a segno che rendevasi intollerabile a quelli che non gli erano a grado.2
Circa agli altri peccati egli stesso protestò più volte che s’era profondato in tutti i disordini, e che se alcuno ve n’era che non avesse commesso, derivava piuttosto da mancanza d’allettamento o di occasione che di volontà.
Andando col suo reggimento da Lilla a Bethune, e dovendo far quel viaggio in carrozza, per la ferita che aveva in una gamba, si pose a leggere per passar tempo la storia di Giuseppe nell’Antico Testamento. La notte non potè chiuder l’occhio per una grande inquietudine che l’agitava. Passò nondimeno il giorno seguente all’ordinario. Ma venuta la notte tornarono a colpirlo gravi e pungenti pensieri. Udiamo quel che egli stesso ne scrivea più tardi ricercatone da un amico... dopo aver passati alcuni giorni in qualche travaglio di spirito la stessa notte che morì mio padre mi punse una sinderesi acuta oltre modo si che per una o due ore non seppi trovar sollievo. Quando all’improvviso mi rivolsi a Dio e gli dissi: Ah mio Dio io son certo che se vengo a voi di buon cuore accetterete le mie preghiere e mi consolerete e mi farete misericordia. Appena ebbi dette queste parole, o per dir meglio