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438 | libro terzo |
essere il Blancardi autore della maggiore delle scelleraggini; doversi cominciare dall’arrestarlo; esservi perciò prove soprabbondanti; esservi prova d’una falsità giudiciale; poter fuggire ed accrescere le maldicenze, e con la sua mala natura li pericoli, sicchè vi voleva una soda e ferma deliberazione di S. A. R. di lasciar fare alla giustizia il suo corso.11
Appoggiavansi questi giudici troppo solleciti non tanto ai delitti di lesa giustizia, quanto a quelli di lesa maestà per la maldicenza contro al principe; ma Carlo Emmanuele prudentissimo non si risolvea, finche stretto da molti lati, e persuaso della reità., permise si procedesse. In gennaio del 1675, all’uscir d’un congresso tenuto in casa del primo presidente Novarina, Blancardi fu da un maggiore di piazza arrestato, fatto entrare in una sedia, portato in castello, e per maggior crudeltà, rinchiuso nel carcere stesso del conte Catalano Alfieri, dove raccapricciò vedendo sopra la tavola, sulla quale erane stato aperto il corpo, una traccia di sangue; questa macchia di sangue gli percosse per tal modo l’imaginazione, che, da qualunque lato girasse lo sguardo, dicono, che l’avesse poi perpetuamente avanti agli occhi.
Nella inquisizione che si fece svanì l’accusa di prevaricazione a danno dei conte Alfieri, ed invece il fìsco credette potergli imputare una falsità, che si disse commessa da un notaio, per favorire il conte