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capo sesto 421

Ma il vicario dell’arcivescovo, uomo di fino giudicio, non si lasciò trarre in inganno; rise di quelle favole e domandò al duca gli si consegnassero la donna e il marito. Fecesi. Guardati con diligenza, esaminati sottilmente si scoprì la frode, e furono puniti. Ma del Pasero che n’era primo autore niuno fiatò.7

Frattanto il presidente Rullino non rifiniva di domandar giustizia. Egli, tenuto sì lungo tempo a gran torto in istretta prigione, vedeva il Gastiglioni suo calunniatore passeggiar liberamente ne’ chiostri di San Domenico, e andarsene perciò quasi impunito. Le sue continue doglianze mossero finalmente il duca a far rinchiudere il Castiglioni in castello, senza badare alle rimostranze del commendatore Pasero. Quando il Castiglioni, avvezzo a un viver lauto ed alle brigate gioviali, gustò l’amaro dal carcere, e vide che l’un giorno passava e I’altro ancora senza speranza di liberazione, arrovellato contro al Pasero, prima cagion de’ suoi mali, fatto chiamare il presidente Benso, gli svelò ogni cosa, e del libello infamatorio, e della falsa spiritata, alle quali turpi macchinazioni partecipava con Pasero anche il conte Messerati, generale delle poste. Sapute queste cose il duca giurò di dare un pubblico esempio di quei due scellerati ministri, e intanto li fe’ serrare ambedue nelle torri del castello (1654). Ma ogni ribaldo trova un più ribaldo di lui che lo prolegge,