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408 | libro terzo |
chiamò Paradiso; che non so bene a qual lato risponda degli odierni palazzi regii.
La ragione per cui tutti i viceré francesi, due soli eccettuati,2 pigliaron dimora nell’arcivescovado, era non solo la sua capacità, ma eziandio il sito in cui era posto, occupando un angolo importante della citta e signoreggiando quasi due porte della medesima, onde conveniva tenerlo ben fornito d’armati o distruggerlo: anzi per maggior difesa i Francesi costrussero all’angolo nord-est un fortissimo bastione chiamato degli angeli, a cui non si avea l’accesso fuorchè dal palazzo. Queste medesime cause indussero Emmanuel Filiberto a sceglierlo nel 1562 per sua dimora, e trovatolo, a malgrado della sua ampiezza, in condizione misera e rovinosa, ampliò l’ala chiamata Paradiso, ove pose i magistrati del Senato e della Camera, e comprate le case de’ canonici al nord del duomo, v’edificò una galleria e varie stanze, nelle quali abitò poi egli stesso, ed in cui potè dare l’ospitalità ad Arrigo iii re di Francia e di Polonia; mentre ad altri principi e grandi personaggi che avrebbe voluto aver seco ad ospizio, era costretto di cercare comoda stanza in case private.3
La piazza che ora si chiama Reale era occupata fin presso alla strada de’ Panierai (che allora per altro non era, come abbiam veduto, aperta) da due piccoli recinti quadrilunghi che cominciavano a