lastricare; nel 1710 alzarono a maggior altezza il
campanile. Nel 1742 il canonico Comotto della Metropolitana
rifece di marmo l’altar maggiore. Sette
anni dopo i Barnabiti rifecer quello del beato Alessandro
Sauli. Nel 1756 restaurarono tutta quanta la
chiesa, e posero sulla facciata l’iscrizione che si vede
di presente, dettata dal P. Giacinto Gerdil, poi cardinale.
La sagrestia fu rifatta nel 1769.2 Nel 1830
la chiesa fu renduta più elegante e più chiara mercè
le sollecitudini del padre D. Ambrogio Fortis che ne
era curato.
In quanto al collegio era dapprima il medesimo un palazzo del duca attiguo alla chiesa nel quale i nunzii pontificii solevano abitare. A poco a poco acquistando e rifabbricando, i Barnabiti erano pervenuti ad esser padroni di tutto quasi l’ampio isolato, sicchè aveano capace e splendida sede. Ora tornarono alle antiche angustie, se non che non da splendor d’edifìzii, ma da splendor di virtù misurasi il valore; e quello delle corporazioni religiose massimamente. Nè fallì questa gloria al collegio di San Dalmazzo. Isidoro Pentono, eletto nel 1609 preposto del medesimo, e due anni dopo provinciale del Piemonte, fu adoperato da Carlo Emmanuele i in alte cariche ed in negozii gravissimi di Stato, fatto gran priore dell’ordine de’ Ss. Maurizio e Lazzaro e finalmente nominato vescovo d’Asti. Il padre Giovanni Bellarino e chiamato dal Gerdil, autore d’opere molto profonde.