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136 | libro secondo |
Non furono i Barnabiti tanto amici della confraternita della Misericordia, quanto eranlo stato i padri di Sant’Antonio. Lagnavansi del disturbo che recavano, salmeggiando, ai confessori; dell’impedimento che recavano al ministero parrocchiale, e tentarono ogni via di liberarsene.1 Ma inutilmente fino al 1698, quando i confratelli acquistarono dallo spedale di carità la chiesa che si trovava nell’isolato del Ghetto, quasi di fronte al palazzo ora posseduto dal conte Balbo; donde si trasferirono nel 1721 nella chiesa dell’antico monastero di S la Croce che uffiziano di presente.
Alla pia sollecitudine de’ Barnabiti va debitrice la chiesa di San Dalmazzo di molti ristauri e miglioramenti. Cominciarono dallo ingentilir la facciata. Poi volendo introdurre in essa chiesa una particolar divozione della Madonna santissima di Loreto, gettarono nel 1629 i fondamenti d’una nuova cappella che fu compiuta in due anni; ne fu promotore il padre Ottavio Asinari che nel 1634 venne promosso al vescovato d’Ivrea, e assai contribuirono a murarla e dotarla le sante principesse Maria e Catterina di Savoia, nonché una monaca di casa Scaglia (de’ conti di Verrua), chiamata al secolo Ginevra, e in religione suor Maria Cristina.
Nel 1701 i Barnabiti ripararono la facciata che minacciava mina, poi distrussero i muricciuoli che attorniavano la piazzetta, ed una benefattrice la fe’