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46 | libro primo |
senato decorò del titolo d’Augusto per non chiamarlo re, ebbe nome d’Augusta la città de’ Taurini, come l’ebbero la città de’ Vindelici, quella de’ Rauraci ed altre assai. Le genti che abitavano dall’Alpi Gamiche al mare Ligustico, le valli che s’intrinsecano per quella vasta giogaia, forti per la natura del sito e per quell’indole altera, risentita e indipendente che è propria delle stirpi montane, si spiccarono molte volle dall’amistà del popolo romano. Augusto le debellò l’anno 14 prima dell’era volgare; e per memoria di quell’importante impresa, parte da lui condotta, parte ordinata, il senato gli alzò quello stupendo trofeo, del quale ancor si vedono gli avanzi alla Turbia (5).5
Mentre gli altri Alpini contrastavano coll’aquile latine, mostrava ben altre disposizioni un principe che avea signoria in queste Alpi Taurine. Era Cozio, figliuolo del re Donno poco sopra mentovato. Giulio Cesare erasi fatto amico questo custode dell’Alpi, che potea aprirgli o vietargli il passo nelle frequenti sue corse transalpine; e però Donno, in ossequio del potente suo amico, avea pigliato i nomi di Caio Giulio. Dopo la sua morte, Marco Giulio Cozio, continuò a mostrarsi fedele ai Romani, e tenne con titolo di prefetto il montano principato del padre. È opera sua l’arco che ancor si vede a Susa eretto in onor d’Augusto. Ma più salda prova d’amistà dava egli a Roma tagliando nel vivo sasso de’ suoi dirupi