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390 libro quinto

amministrare i sacramenti a ninno infermo senza darne avviso ai deputati della sanità. Una donna gravida ebbe mestieri di tal facoltà per potersi accostare alla mensa eucaristica, ed ottener l’as­sistenza di una levatrice.

Tutti i corpi dei morti si visitavano onde rico­noscere se vi erano i luridi segni del contagio.2 Cominciava il morbo d’ordinario con parecchie morti improvvise senza segni di peste. Poi si manifesta­vano i bubboni. Allora tutti quei che n’avevano il mezzo fuggivano alla campagna; Tutta la città è in fuga, scriveasi in un ordinato del 1520. Ma la morte li seguitava, e colpivali così fra il verde e i fiori, come nelle tenebre delle case cittadinesche. Nel 1421 fra Oddineto e il medico Gaspare Barbero ottenner premio dal comune, perchè la loro carità erasi segnalata nel servigio degli appestati. Nel 1522, seguendo un pensiero nato fin dal 1509, costruivasi presso al borgo di Dora uno spedale per gli appestati vicino alla cappella di S. Rocco. Fra le vittime illustri della pestilenza è da contare Giovanni Ludovico di Savoia, vescovo di Ginevra, morto in Torino l’ 11 luglio del 1482. Egli vi faceva residenza da assai tempo, e grand’utile dal suo senno, e grande splen­dore dalla sua presenza ritraeva la città, e massime l’università degli studi. E però fu amato in vita e compianto in morte, sebbene in tempo di tante morti e di tante paure non si compianga nessuno.3