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capo primo | 327 |
marzo 1459,2 il duca Ludovico lo trasferì di nuovo a Torino, statuì che vi rimarrebbe in perpetuo, e volle che giudicasse con suprema autorità di prefetto pretorio. Questa corte di giustizia ebbe a’ tempi di Carlo il Buono il nome di Senato.
Francesco i, re di Francia, in febbraio del 1556, vi confermò la corte suprema di giustizia col nome e colle autorità di parlamento, od una camera dei conti. Emmanuele Filiberto, nel 1565, vi stabilì camera e senato.
Negli statuti del 1360 1360 1560 , essendosi inserito il divieto al rettore ed al giudice d’impedire che un cittadino vendesse o comprasse liberamente derrate entro la città a chi e da chi voleva; e di obbligare un cittadino o distrettuale a far prestanza di danaro, o di derrate al comune od a qualunque altra persona; od a rendersi cauzione: ed essendosi inoltre tolta ad essi vicario e giudice la facoltà di proibire ai notai di ricever atti richiesti da un cittadino, convien dire che questi abusi, tanto contrarii alla libertà delle contrattazioni, fossero dai credendari sovente ordinati, e dai vicari! e giudici, i quali giuravano di osservar-non solo gli statuti fatti, ma le riformagioni che fosse per fare il maggior consiglio, eseguite.
Riformagioni si chiamavano generalmente in Italia le provvisioni del gran consiglio che avean forza di legge. E notisi la sapienza della parola, che accusando l’imperfezione d’ogni ordine civile, mostra