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326 libro quinto

parte de’ proventi del pubblico erario, e in ispecie le multe, e d’ottener tempo a tempo un sussidio di tanti fiorini per fuoco; infine d’essere dalle milizie del comune soccorso nelle sue guerre, per verità troppo frequenti.

Anzi allora un altro male s’aggiunse, che molte volte il vicario per obbedire al principe era costretto a fallire al proprio giuramento. Epperò talvolta, dopo d’aver giurato d’esercitar bene e fedelmente il suo ufficio, soggiungeva questa singolar eccezione: « salva sempre la volontà dell’illustre e magnifico uomo il signor Filippo di Savoia, signor di detta città. » Così Oberto di Scalenghe nel 1525.

Al giudice di Torino si diede nel secolo xv giu­risdizione anche sulle giudicature di Moncalieri, Carignano, Vigone e Gassino.1

Abbiam già veduto come i principi d’Acaia aveano un consiglio residente a Pinerolo, che era ad un tempo consiglio di giustizia e consiglio di Stato. Negli anni in cui Amedeo vi fu tutore d’Amedeo principe d’Acaia, e ne resse lo Stato, e sia per questa ca­gione, sia per provvedere agli affari di Lombardia, fece spesso dimora al di qua dai monti, il suo con­siglio risedette, ora a Pinerolo, ora a Rivoli, ora a Torino. Quando poi estinta la stirpe mascolina d’A­caia, il Piemonte fu riunito alla corona di Savoia, il consiglio di Pinerolo risedè a Torino, poi poco tempo a Moncalieri, finché, per diploma del 15 di