Pagina:Storia di torino v1 cibrario 1846.djvu/293


capo terzo 285

Susina, dove con una fune si somministrava loro lo scarso cibo sufficiente a tenerli vivi. Gli omicidi, le ruberie da loro commesse ricideano ogni speranza di mercede, e già s’erano rizzate a Pozzo di Strada le forche per appiccarli, quando con miglior con­siglio furono distribuiti a que’ cittadini che aveano qualche congiunto nelle mani di Facino Cane.7 A cessar quello strazio di guerra si pose avanti per mediatore Gian Galeazzo Visconti, chiamato il Conte di Virtù. Fu accettato dalle parti qual arbitro. Ma avendo egli, fra le altre cose, nel suo lodo del 1398, mandato eseguirsi un diploma dell’imperator Venceslao, che concedeva, non so con qual dritto, al marchese di Monferrato l’investitura di Torino e di Collegno, il principe non s’acquetò a quella sen­tenza; si fece nuovo compromesso nel conte di Savoia, e mentre egli soprastava a pronunziare, il principe d’Acaia morì di soli anni 38 addì 7 di maggio 1402. Non avendo dal suo matrimonio con Catterina di Ginevra lasciato altro che due figlie, gli succedette il minor fratello Ludovico. Questi, dando la propria figliuola Margarita (la beata) al marchese Teodoro di Monferrato, ebbe agevolezza di comporre le quistioni che vertivano fra i due Stati; se non per via definitiva, almeno con una tre­gua d’anni dieci, duranti i quali, Mondovì e le altre terre conquistate in quella provincia dal principe Amedeo, doveano tenersi in comune.