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280 | libro quarto |
Stato potea contrapporle. Amici incomodi ed ingordi, saccheggiatori perpetui, era di caro prezzo e di molto pericolosa la loro alleanza. Era da temersi la loro inimicizia. Con danari se ne comprava l’aiuto; con danari se ne allontanava il timore. E intanto l’erario si sviscerava, e il loro passaggio, come quello delle locuste africane, era segnato da un totale disertamento.
In questi tempi appunto, il Canavese era calpestato dalla compagnia d’un Malerba, venuto agli stipendi del marchese di Monferrato. Jacopo d’Acaia e Federigo di Saluzzo, per contrapporre un rimedio uguale al male, vollero crearne una, e acconciatisi coi capi catalani ed aragonesi che erano al servizio del re Roberto, instituirono, nel 1342, la società del Fiore, di trecento barbute e cinquecento briganti. Barbuta era l’uom d’arme a cavallo, con due servienti. Brigandi o briganti chiamavansi i soldati di fanteria. La società del Fiore dovea dunque noverare mille quattrocento uomini all’incirca.5
Per uno dei capitoli organici, come or si direbbe, di quella istituzione, si statuì che i principi darebbero ricovero alla compagnia del Fiore in quattro terre, cioè Torino, Possano, Saluzzo e Cavallermaggiore; che in niun altro luogo potrebbe entrare, salvo in caso di fuga, ma sempre dovrebbe dar il guasto alle terre nemiche ed alloggiarvi. Non è debito nè ufficio di questa storia contar