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160 libro secondo

Odelrico Manfredi, conte di Torino, stretto con­giunto del re Arduino, fu quasi sempre annoveralo tra i fedeli d’Arrigo ii, benché non si veda mai essere in guerra col suo competitore. Forse aderiva in segreto al partilo italico, mentre la posizione geo­grafica del suo Stato, ed il numero degli Enriciani gli imponeano l’obbligo di seguitar in palese il par­tito contrario, come faceano varii altri principi.3 Comunque ciò sia, egli da tal suo sistema ritrasse vantaggio, poiché Enrico ii, rimosso Pietro vescovo d’Asti che parteggiava pel re italiano, vi surrogò Alrico, fratello del marchese di Torino, e lo fe’ consecrare dal papa; benché di questo vantaggio dovet­tero dopo il dolce gustar anche l’amaro, quando Eriberto, arcivescovo di Milano, irritato che senza sua partecipazione ciò si facesse, ed in ispregio de’ suoi diritti metropolitani, li costrinse amendue colla forza delle armi a fare ammenda onorevole; Alrico depose sull’altare della basilica Ambrosiana il baston pasto­rale e l’anello, e li ripigliò poco stante di consenso dell’arcivescovo.

Venuto poi nel 1024 il termine della vita d’Arrigo imperatore, i principi italiani, e fra essi Manfredi ed Alrico co’ marchesi che poi si chiamarono d’Este, furono vaghi di chiamar alla corona un’altra stirpe; e prima ne fecer proferta a Roberto re di Francia, poi a Guglielmo, duca d’Aquitania. Ma questi prin­cipi conobbero il poco fondamento che si potea fare