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capo settimo | 159 |
In giugno del 1014 venne Arrigo di nuovo in Italia, ed ottenne anche Arrigo la corona imperiale; ma di quel tempo appunto risorse per un solo istante la fortuna d’Arduino, il quale, trovati molti aderenti nei contadi d’Ivrea, di Vercelli, di Lomello, di Novara, e altrove, mentre in Roma stessa, in mezzo ai trionfi d’Arrigo, suscitava coll’opera de’ figliuoli del marchese Otberto un tumulto destinato, se riusciva, ad opprimere il novello imperatore, levato un esercito s’apprestava a tagliar la ritirata ai fuggiaschi a’soliti passi dell’Alpi. Ala fallì agli Arduiniani il successo in Roma. E però Arduino aspettò per insorgere che l’imperatore fosse tornato in Germania. Allora radunate le sue genti, uscì dalla rocca d’Ivrea, s’impadronì di Vercelli, assediò e prese Novara e Como. Ala presto gli sfuggirono di mano tali conquiste; e intanto nel bel mezzo delle sue imprese e de’ pazzi furori guerreschi, sentì le offese d’un nuovo inevitabil nemico. Ed era un morbo di sua natura mortale, che lo fe’ risolvere di abbandonar i pensieri del mondo, e di ritrarsi nel monastero di Fruttuaria ch’egli aveva aiutato a fondare, onde farvi penitenza de’ suoi peccati.
Onde nel settembre del 1014, deposte sull’altare le reali insegne, pigliato l’umil cocolla benedittina, si ridusse in povera cella. In quella pia solitudine rimase finche morì, e fu il 14 dicembre del 1015.2 Così finì, se non vero monaco, almeno penitente fra i monaci l’ultimo re d’Italia italiano.