Pagina:Storia di torino v1 cibrario 1846.djvu/165


capo settimo 157

militari, per cui risplendeva il nuovo re d’Italia; e che all’incontro il suo competitore Arrigo era prin­cipe misurato in ogni cosa e prudente. Ma chi non sa che agli occhi de’ principi italiani il vero merito de’ re di Germania era lo starsene il più del tempo lontani, lasciando i duchi edi mar­chesi nostri regnare in loro vece, ciascuno nella sua provincia? La questione ornai si riduceva, e sempre più dappoi si ridusse in questi termini: esser meglio che un principe straniero regnasse di solo nome in Italia, e che i principi italiani regnasser di fatto, ciascuno nell’ereditario suo Stato, invece di veder un solo de’ loro colleghi sollevato al grado regio, con perenne e però troppo incomodo esercizio di sovra­nità sugli Stati di tutti gli altri.

Queste cagioni allontanavano i principi dell’italico regno dal partito d’Arduino, e li rendeano in gene­rale propensi ad un re forestiero. Ed all’incontro i mi­nori vassalli, che uno scrittore contemporaneo chiama secondi militi, i quali duro sperimentavano il governo de’ marchesi e dei conti, e l’autorità temporale dei vescovi, ed aveano in odio la soverchiante loro po­tenza, s’accostavano tutti ad Arduino, la cui indole superba e risentita, s’indurava contro ai grandi, e si rammorbidava co’ mezzani e co’ piccoli.1 Arduino era in somma sostenuto da quel tumultuante e ge­neroso elemento, che insofferente dell’oppressione, consapevole delle proprie forze, dopo la caduta di