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138 libro secondo

messo imperiale nello stesso dominio, i quali uffici alcune volte si cumulavano; e che dopo la morte del padre signoreggiava in Ivrea; Anscario ii, che avea dominio in Asti, e possedeva non lunge da quella città il castello di Nono.5 Siccome ambedue avean titolo di marchese, conviene che ambedue possedes­sero più comitati, ma non si sa a quale dei due fosse toccata la contea di Torino.

Solo è noto che Ugo pigliò gran gelosia di questi potenti marchesi, e che essendo una specie di Ti­berio non meno nell’impudicizia, che nell’arte di dissimulare, cominciò a dividerne la potenza traspor­tando Anscario al ducato di Spoleto e di Camerino; e poi nel 940 gli spedì contro una frotta d’armati, che trovandolo sprovveduto, agevolmente lo ebbero vinto ed ucciso.

Più miti pensieri volgea nell’animo contro al co­gnato Berengario, poiché nel suo segreto consiglio avea solamente risoluto di fargli cavar gli occhi. Se non che il giovinetto re Lotario, suo figliuolo, ebbe orrore di quel disegno, e ne mandò solleciti avvisi allo zio, il quale senza perder tempo si mise in viaggio tra l’Alpi, ed, egli per una via, la moglie in­cinta d’otto mesi per un’altra, si condussero spedi­tamente ad Ermanno duca di Svevia, che li raccettò, li protesse e li raccomandò ad Ottone i, re di Ger­mania, che li ebbe cari, nè mai porse l’orecchio agli ambasciatori d’Ugo, che faceano grandi proferte per aver nelle mani quegli illustri fuorusciti.