Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/629


7

le porte innanzi o indentro, e cose simili; pure se gli uomini del secolo XVI non ci avessero rilevato le belle proporzioni, e le belle forme degli edifizj antichi, il meccanismo della loro corruzione in tanti casi particolari, dalle quali cose dipendono la bellezza, e la solidità delle fabbriche; ne verrebbe alle arti lo stesso vantaggio, che dal sapersi quanto di favoloso ci dissero gli antichi di Apollo, e di Ercole, senza avere l'idea chiara, e precisa delle proporzioni, e delle finezze delle sculture, che si ammirano nell’Apollo di Belvedere, nell’Ercole di Farnese. Senza le prime un artista non sarebbe mai erudito, ma farebbe sempre un artista: senza però le seconde un letterato non potrà mai discorrere fondatamente dell’arte. Non vi accorgete di una manifesta contradizione sparata magistralmente, quando dite non erudito, ma artista quello, che fa rilevare le belle proporzioni, e le belle forme degli edifizj antichi, il meccanismo della loro corruzione in tanti casi particolari, dalle quali cose dipendono la bellezza, e la solidità delle fabbriche; e poi ci volete provare erudito in sommo grado il Palladio con una sola riflessione, vale a dire, per avere scoperto, che nel frontespizio del tempio di Assisi in vece dei modiglioni, i quali naturalmente non vi possono essere, l’architetto vi ha rappresentato una sola gola ornata di foglie? Da semplice letterato vi sosterrò sempre, che questa è una osservazione non da erudito, ma da semplicissimo artista: da artista, che sarebbe stato non semplice, ma ignorantissimo, se nel dare la figura di un edilizio, e i suoi dettagli, non gli avesse guardati con occhio di architetto i non avelie ben rilevato la forma di essi, le loro bellezze, e l’esser fatti secondo le regole prescritte chiaramente dal gran precettore Vitruvio1. Da artista par suo non fu lo sbaglio, per tacere di altri moltissimi, che prese nel fare più alti di quel che sono i piedistalli delle colonne di questo tempio, come già notai nella mia opera2.

Poco più erudito posso accordarvi Francesco Blondel, che mostrate di essere stato ispirato a unirlo ai nostri italiani per far numero. L’erudizione, e la dottrina, di cui lo fate ridondare a segno di fare stupore, si riduce poi a citare qualche volta Plinio, Vitruvio, e i suoi commentatori, il Barbaro, il Filandro, ed inoltre l’Alberti, il Palladio, il Serlio, il Vignola, il Cataneo, e tal altro, che un poco compendia, un poco loda, un poco biasima, e sempre riguardo all’architettura semplice, e alle varie sue parti. Qui si riduce tutta la grande erudizione, che fa stupore a voi, a citare i libri della sua professione. Se possa far maraviglia ad altri ancora, i quali fanno che voglia dire erudizione, e che si ricordano della definizione da voi datane pocanzi, io lo rimetto al senso comune; senza voler punto defraudare al vero merito di quel grand’uomo nell’architettura teorica.

Allo Scamozzi in primo grado, e poi all’Alberti (sia detto con vostra buona pace perchè è fiorentino) io tributo più che di buon animo il titolo di eruditi, e di molto giudizio; quantunque si possa dire in parte col sig. Milizia, del primo, che il suo Trattato sia infrascato di tanta affettata erudizione mal digerita, e mal a proposito disposta; e del secondo, che la di

  1. Lib. 4. cap. 2.
  2. Pag. 61, Vedasi anche il ch. Guattani nelle Notizie delle Antich. ee. al mese di marzo di quest’anno 1786. paga 21.