Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
140 | L e t t e r a |
sofferse tanta rovina da rimaner totalmente incendiato, e saranno potute restarvi le colonne, e su quelle essere stato riedificato. Tralascio per ora un’osservazione, che quanto prima sono per fare su i frequenti incendj, che accadevano negli antichissimi tempj de’ Greci, e che ci somministrano una delle molte congetture, che si hanno, per crederli lavorati di solo legname; e passo ad osservare, che le fabbriche di Corinto dopo gl’incendj furono soggette alla totale distruzione. E’ noto il mal governo, che Lucio Mummio fece di questa culta nobilissima città. Strabone ce lo racconta1, e lo paragona al mal trattamento, che ricevette l’infelice Cartagine2; e se questa non alzò più il capo dalle maestose sue rovine, Corinto non giunse a farlo che dopo un secolo3; e servì alla sua fortuna la grandezza d’animo di Giulio Cesare. Or in tal funerea congiuntura le opere di magnificenza, di sapere, di artificio furono appunto le prime ad essere prese di mira dal furore delle vittoriose armi romane, come Polibio ce lo attesta nelle sue istorie, lodando Mummio per la sua magnanimità, e biasimandolo giustamente per la poca stima, che mostrò fare delle belle arti4.
§. 10. Dopo incendj, distruzioni, e rovine, essendo stati di nuovo costrutti questi edifizj a’ tempi di Cesare, chi può assicurarci, che fossero conservate le vecchie forme e proporzioni, e che taluno non ne fosse alzato a caso, e colle pietre, che si avevano in pronto, senza tener un metodo, che avesse corrispondenza all’arte, che allora praticavasi? Su questi dubbj farà cosa mai sempre pericolosa il voler fissare un sistema, come vorrebbe il francese scrittore. Ma sia pur anche, che i due notati tempj, che por-
tansi |