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da Alessandro il Grande ec. 245

§. 14. A quelli tempi, insieme con Lisippo, fioriva Pirgotele incisor di gemme, che ebbe del pari il privilegio di fare solo l’effigie d’Alessandro. Due gemme son note agli antiquarj col nome di Pirgotele1; ma in una il nome è sospecto, e nell’altra scorgesi chiaramente l’inganno di moderno artista. La prima, che or appartiene all’illustre casa de’ conti di Schoenborn, è un picciolissimo busto in un’agatonice, e poco più grande della metà della stampa pubblicatane dal celebre Stosch. Avendola io esaminata su una forma in cera nel museo Stoschiano2, e sulla stampa medesima, mi nacquero due dubbj. Il primo circa il nome, che è in nominativo contro l’uso di tali artisti, che soleano sulle opere loro usare piuttosto il genitivo3, ond’io avrei voluto trovarvi scritto ΠΥΡΓΟΤΕΛΟΥΣ anzichè ΠΥΡΓΟΤΕΛΗΣ; il secondo circa la figura medesima, che è quella d’un Ercole piuttosto che d’un Alessandro; e ciò appare sì nei peli della barba, ossia in quella lanugine onde ha coperta la guancia (il che non osservasi in verun ritratto di quel re), sì ne’ capelli della fronte, che corti sono e ricciuti a guisa di quelli d’Ercole,


e ben


    Vasari nella di lui vita dopo il principio, fra le citate Tom VI. par. 6. Pag. 5., che per ordine di Clemente VII., dopo il 1532., rifece in marmo il braccio sinistro, che mancava all’Apollo, di cui parleremo al Libro XI. Capo iiI. §. 12., e il destro del Laocoonte. Questo destro braccio non può esser altro, che quello abbozzato, di cui ha parlato Winkelmann credendolo colla comune opinione opera di Michelangelo: equivoco, che potrà esser nato appunto, come dice il sig. Heyne, dalla somiglianza del nome, e forse ancora perchè egli era uno di quelli, che lavoravano sotto la direzione di Michelangelo, e da lui fu proposto al papa per quei restauri, come aggiugne Vasari. Qualunque ne fosse la ragione fra Giovannangelo non finì il braccio suddetto, il quale peraltro si è lasciato sotto la statua sino a quelli ultimi anni, che è stato posto in altro luogo dello stesso Museo]. Dopo d’avere il sig. Heyne con più minuta esattezza di Winkelmann descritto il gruppo, nota che i figli sono fuor di misura più piccoli del padre: la qual cosa è stata pur osservata in quelli della Niobe. Conviene egli bensì col nostro Autore nel fissarne l’epoca; ma nega che di ciò giudicar si possa dal solo stile. Parla quindi di due teste, e d’alcuni rottami d’altri simili gruppi, e de’ più celebri modelli che ne sono stati ricavati. Per ultimo paragona il gruppo colla descrizione fatta da Virgilio di Laocoonte circondato da’ serpenti; e dimostra che comunque siavi della somiglianza tra il poeta e lo scultore, quella non è poi tale che necessariamente l’uno fa preso dall’altro. In ogni maniera però non potrà mai dirsi che l’artista abbia rappresentato in marmo ciò che avea letto nell’Eneide.

  1. Stosch Pierr. antiq. grav. pl. 55. 56.
  2. Ora unito al museo reale a Berlino.
  3. Il citato Stosch ne porta diverse altre nella stessa maniera col nome in nominativo, e tra queste, due di Dioscoride, delle quali parleremo al Libro XI. Capo iI. §. 9.; e non vedo che vi sia stata mossa difficoltà.