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presso gli Egizj, i Fenicj, e i Persi. 103

pubblicata ne’ miei Monumenti antichi1, la quale sopra la cuffia ha una gallina di Numidia che colle ale copre le tempia, e colla coda l’occipite della dea2.

§. 24. Un altro singolar fregio è quel riccio solitario, che pender si vede presso l’orecchia destra al capo raso d’una statua di marmo nero in Campidoglio, lavoro dello stile d’imitazione di cui parlerò più sotto. Questo riccio è stato omesso nella figura e nella descrizione che ce n’è stata data3. D’un riccio unico sul capo d’un Arpocrate parlai nella descrizione delle gemme Stoschiane, ove pur indicai un simil riccio d’un’altra figura dello stesso dio: quello veggasi pubblicato ne’ miei Monumenti antichi4, e questo presso il sig. conte di Caylus5. Macrobio sembra renderci ragione del summentovato riccio, ove narra che gli Egizj so-


leano

    mento anche dai Cartaginesi, o per dir meglio, da Annibale, che la usò, come scrivono Polibio Hist. lib. 3. pag. 229. in fine, Livio lib. 22. cap. 1. Senza limitare all’esempio di Annibale, che portava perrucca, e la mutava per ingannare i suoi nemici, poteva il nostro Autore appoggiarsi a Thiers, il quale nella Storia, che appunto fa, delle perrucche, capo I. ne prova l’uso presso tanti antichi popoli. Ma per il nostro proposito si scorge chiaramente nella figura, che noi diamo in fine di questo capo, presa dal più volte citato libro di Guasco de l’Usage des statues chez les anciens, Tav. IV. E una di quelle piccole statue, che si mettevano nei sepolcri, rappresentanti i defunti, come osserva Maillet Description de l’Egyp. let. 7. pag. 280. Racconta Erodoto lib. 2. cap. 360. pag. 120., che gli Egiziani in vita si radevano la barba, e i capelli; e in morte mettevano la perrucca: Ægyptii sub mortes sinunt capitis crines immitti, tum in capite, tum in mento antea rasi: alla quale usanza credo che alluda Clemente Alessandrino Pædag. lib. 3. cap. 11. oper. Tom. I. pag. 201. princ., ove scrive: Alienorum autem capillorum appositiones sunt omnino rejiciendæ, & externas comas capiti adhibere est maxime impium, quo fit ut mortuis pilis cranium induant. Ha i geroglifici dietro le spalle, per cui l’ho citata appa pag. 16. n. a.; e se reggesse la pretensione del nostro Autore nel cap. seq. §. 8., si dovrebbe riputare dei tempi anteriori ai Greci. Presso il P. Montfaucon l’Ant. Expl. Tom. iI. sec. part. pl. 120. si vede un sacerdote, che pare abbia la perrucca; e Apulejo Metam. lib. XI. pag. 368. racconta, che nella processione isiaca v’interveniva un sacerdote, il quale si metteva una perrucca, essendo rasato per professione, ad oggetto d’imitar la capigliatura delle donne: attextis capite crinibus. Vedi anche Tav. X.

  1. Num. 73.
  2. Io non so vedervi quest’acconciatura di penne. È una cuffia a pieghette, come tutte le altre, presso a poco, delle figure egiziane, con un orlo in fondo. Si può credere che fosse, o si fingesse di lino, o di cotone; argomentandolo da ciò, che dice Erodoto lib. 2. cap. 81. pag. 141., che non si usava lana nelle cose religiose.
  3. Mus. Cap. Tom. iiI. tav. 87.
  4. Num. 77.
  5. Recueil d’Ant. Tom. iI. plan. IV. n. 1. [ Di questi Arpocrati se ne trovano molti quasi in tutti i musei, e ne riporta una quantità il P. Montfaucon l’Antiq. Expliq. Tom. iI. sec. part. Tab. 118. e 123. Il conte di Caylus nel T. I. pl. LXXXI. n. 1. descrive una testa di donna colla ciocca sull’orecchia destra; e fra le varie congetture, che adduce per ricavarne il soggetto, pensa, che possa rappresentare una donzella dei Maxyes popoli dell’Africa, che imitavano quasi in tutto il costume degli Egiziani, e solevano radersi la parte sinistra del capo, come abbiamo da Erodoto l. 4. c. 168. p. 356. Dalla rottura, che ha in capo, si può