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meglio di qualunque altra, procurare il bene in momenti di pace, e quando il paese fosse stato al sicuro da ogni attentato di vicino nemico; ma nelle straordinarie circostanze del Piemonte, quando solo potevamo sperare salvezza da una forte commozione italiana, e ne era forza avventurare la nave dello Stato in alto mar tempestoso, per allontanarla dagli scogli che minacciavano d’infrangerla sul lido, era necessaria una maggioranza d’uomini disposti a tutto sacrificare alla patria, e risoluti tanto ad affrontare la guerra dell’indipendenza, quanto a soffocare qualunque fazione attentasse alla pace interna, sotto qualsivoglia bandiera si fosse presentata. Ma che siffatta maggioranza non esistesse nella giunta piemontese, lo insegnarono gli avvenimenti.

Un ministero incompleto, una giunta timida, e Carlo Alberto, ecco quanto poteva il Piemonte libero opporre ai suoi nemici.

Dichiarare la guerra all’Austria dovea essere il primo atto del governo costituzionale. La condotta dell’imperatore con Napoli, la solidarietà degli interessi di tutti gli stati italiani sul punto di garantire la loro politica indipendenza, d’assicurarsi la libertà e migliorare le proprie istituzioni; la dichiarazione del gabinetto austriaco sulla rivoluzione di Napoli, che era un attentato alla sovranità dei principi d’Italia, così nel contesto come nella sostanza insolente, e che, oso dire, palesava con impudente alterigia i disegni dell’imperatore su l’intera Penisola, davano tutto il diritto di dichiararla non solo, ma di moverla all’istante. Tutto d’altronde svelava la necessità di tal