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Capponi ed altri uffiziali devoti alla patria, e non ha che a dir loro: È tempo di marciare. Vola alla caserma; sotto ufficiali e soldati attendevano riuniti a governare i cavalli. Il giovine capitano grida loro: sù compagni, a cavallo, corriamo ove la salvezza d’Italia, l’onore del sovrano ne appellano. Le trombe squillano, il segnale d’insellare è già dato. Sopraggiunge il cav. Tana, maggiore ed unico ufficial superiore che fosse al corpo, e Lisio a lui: — Maggiore, alla testa. — Quegli cerca temporeggiare; ma: no, risponde Lisio, bisogna partire al momento; e rivolto ai cavalleggieri: a cavallo, amici, a cavallo, in nome del re e della patria. Non erano scorsi cinque minuti, e 300 cavalleggieri partivano alla corsa; giungeva in quel mentre Santarosa, prorompendo nel grido di: guerra agli Austriaci, e: guerra agli Austriaci ripetevano quei giovani d’ardore e di speranze infiammati.

Giunti a Carmagnola durante la notte, profittarono di breve riposo concesso al reggimento per far stampare una dichiarazione1 che venne distribuita ai sol-

  1. La dichiarazione fu questa:

    « L’armata piemontese, nella gravità dell’attuali condizioni d’Italia e del Piemonte, non può abbandonare il re alla influenza dell’Austria. Questa influenza impedisce al migliore dei principi di appagare i voti del suo popolo, che brama vivere sotto il regno delle leggi, e di veder i proprii diritti ed i proprii interessi garantiti da una costituzione liberale; questa influenza funesta fa sì che Vittorio Emanuele se ne stia spettatore, ed approvi in certo modo la guerra mossa ai Napoletani dall’Austria, contro il sacro diritto delle genti, affine di poter dominare a sua voglia su tutta la Penisola, avvilire e spogliare il Piemonte, segno all’odio suo, perchè non ancora da essa assoggettato.

    « Due sono i nostri fini: mettere il re in grado di poter seguire gli impulsi del suo cuore schiettamente italiano, e rivendicare al popolo