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VI
 
 


di 24 anni godea singolare stima di integrità e di senno, e i suoi concittadini lo elessero maire della patria città: esercitò questo ufficio assai tempo, e vi acquistò esperienza degli affari civili. In appresso entrò nell’amministrazione francese che allora governava il Piemonte, e negli anni 1812-13-14 fu sotto prefetto alla Spezia. Caduto poi e risorto per brevi istanti Napoleone, il Santarosa nei cento giorni tornò soldato, e fece la piccolissima campagna nel 1815 come capitano dei granatieri della guardia reale. Dopo prese la carriera dell’amministrazione militare: entrò nel ministero della guerra e vi fu incaricato di importanti faccende.

Mentre era in questo ufficio, l’esercito piemontese con Carlo Alberto si sollevò per sottrarre la patria dalla dipendenza dell’Austria. La pubblica fama chiamò il Santarosa alla testa di questo moto, che ebbe fine infelicissimo per le ragioni che a tutti sono note. Per ordine di Carlo Alberto sedè reggente del ministero di guerra e marina. Dapprima parteggiava pel sistema parlamentario inglese, e voleva per la sua patria un governo costituzionale e due camere: poi, quando l’esempio dei Napoletani e l’adozione della costituzione spagnola ebbero trascinati tutti gli spiriti, egli non intese più che ad una sola cosa, alla direzione militare della rivoluzione: e portato dagli eventi ad una vera dittatura, fece prova di una energia che fu ammirata dai suoi stessi nemici, e adoprò ogni sforzo per salvare la patria. Bello e animato da nobilissimo amore è il proclama del 23 marzo con cui faceva appello agli uffiziali, alle guardie nazionali e ai soldati, perchè forti di loro concordia allontanassero la servitù forestiera e la guerra civile, perchè si rannodassero intorno alle loro bandiere, e volassero al Ticino e al Po in soccorso dei popoli di Lombardia, i quali al loro comparire si leverebbero unanimi contro