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ora dal conte Balbo con ben altra mente più vasti e completi, stavano per sortire il loro effetto: quando Borgarelli alla testa del senato di Torino, arringando, quel giorno, secondo l’usanza stabilita, il re fece intendere queste parole: «Sire, degnatevi ricordare che le antiche leggi dello Stato1 sono la salvaguardia di sua sicurezza e splendore. Non permettete che una mano indiscreta vi apporti cangiamento. Le innovazioni traggono ognora seco grandi sciagure...» Tai detti posero il colmo all’indegnazione universale; ed all’inopportuno ardire fu giusta ricompensa il pubblico biasimo. E che, diceasi da ogni parte mentre il re vuol provvedere di savie leggi al suo popolo,

  1. Occorre qui una spiegazione sopra queste antiche leggi dello Stato, tanto più che raccolte in volume collo specioso titolo “Costituzioni del Piemonte” potrebbero dar campo ad illusioni, ma è nostro debito l’appurarne l’esatto valore. Non solo queste costituzioni non contenevano alcuna legge politica, ma non rispondevano tampoco al bisogno di una compiuta legislazione. Vi si scorgeva l’organizzazione della magistratura, il regolamento di procedura criminale, civile e commerciale, diverse leggi penali, scarso numero di civili, e qualche regolamento di pubblica amministrazione. Questo imperfettissimo lavoro, che non regge a paragone coi codici attuali di Francia, sparso qua e là di qualche avanzo di barbarie, ove però si ponga mente allo stato della società, e della legislazione dei vicini paesi colle diverse epoche nelle quali le nostre costituzioni furono prolungate, e successivamente accresciute, non cessa di essere un attestato della saviezza e sollecitudine de’ nostri principi d’allora. L’ultima riforma la subì verso la fine del regno di Carlo Emanuele III. Ma in appresso una folla di regii editti, a tanti articoli ha derogato, e tanti altri ne ha modificato, che da tale ammasso risulta un informe caos, da non potere in guisa alcuna servire di base ad un sistema di legislazione, a meno che non si conti per nulla il progresso delle scienze e i bisogni della società. E non dovea dire l’Europa, che Vittorio Emanuele si mostrava l’ultimo su quel sentiero, che i suoi avi aveano ambito percorrere alla testa dei principi loro contemporanei?
SANTAROSA.
 
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