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E fin qui della giustizia e della polizia. Quanto alle finanze il marchese Brignole ne aveva ristabilito l’ordine materiale, ma con soverchio apparato ed eccessivo numero d’impiegati a lui stesso poco dopo d’impaccio. Appena entrato al ministero avea fatto sentire, ma invano, al re, la necessità di ridurre le spese dello stato a maggior economia1, si erano convocati più e più consigli, create commissioni, formati pro-


    vrà dirsi dell’inverno del 1817, quando i grani del Piemonte erano trattenuti alla frontiera della Savoia, mentre quel popolo si moriva di fame? Vani furono i richiami, vane le preghiere, a muovere l’invincibile e barbara ostinazione del ministro dell’interno conte Borgarelli. Ma si cacci una sì straziante rimembranza, e non si tardi a dire che il re era stato ingannato, e che gli tenevano gelosamente occulta la vera situazione della infelice e derelitta Savoia. Non sarò io quello che accusi il suo cuore, ma mi sarà dolce al contrario, far conoscere che dalla bontà di questo cuore inspirato ben spesso, Vittorio Emanuele ebbe dei tratti di incomparabile saviezza: tale fu, a mo’ d’esempio, quello d’indennizzare gli ufficiali savoiardi e nizzardi che, invase nel 1792 quelle Provincie da’ Francesi, non vollero abbandonnare le loro bandiere, e prescelsero di perdere emigrando i loro beni. Ma chiederò a queste nobili vittime della fedeltà e del dovere, se la legge che ha regolato queste indennità, e l’esecuzione della stessa, abbia corrisposto alla saggia intenzione del principe? Lo stesso accadde della liquidazione del debito pubblico: il governo promise di tutto liquidare, e pagare perfino quei crediti che erano in certo modo obliati da chi li possedeva. Le domande si presentarono in tanta folla, che non sapevano più da qual parte rivolgersi, e si prese il partito di scartarne una quantità, adducendo dei motivi d’inammissibilità, che spesso si contraddicevano fra loro; e così una legge basata sopra un principio della più alta equità finì per essere applicata con patente ingiustizia.

  1. Vi sarebbe stato un altro mezzo, cui ricorrere per evitare una troppo austera riforma, l’aumento delle contribuzioni: ma quest’espediente, del resto impraticabile, dispiaceva al re. Le imposte sulle terre spolpavano i proprietarii, e quindi era d’uopo diminuirle; quelle indirette malissimo stabilite, in molti rami essenziali erano più suscettibili di essere migliorate nell’organizzazione che accresciute.