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di quei svariati e cerimoniosi tratti, dei quali è sagace maestro, lo fe’ bersaglio a’ suoi pungenti sarcasmi1. Non erano che un primo saggio di quanto gli era riservato a Modena, ove giunto, il re che già aveane congedato la corte, ricusò di ammetterlo a sua presenza, ed allora Carlo Alberto di là pure partissi, pensando rifugiarsi a Firenze.

Nel suo lento tragitto da Torino a Novara, eragli stato consegnato un dispaccio della Giunta, nel quale lagnavasi questa del suo abbandono, ed a lui come reggente dello Stato, ordini richiedeva: cui egli rispose aver rinunziato alla reggenza, essersi pienamente sottomesso ai voleri di re Carlo Felice, consigliare la Giunta a fare altrettanto2.

Riabbracciato così il principio di una cieca obbedienza, sperava trovar mitigato a Modena il vivo risentimento di sua anteriore condotta. Erangli dunque così poco noti il nuovo re e la sua corte?

Nel frattempo in cui Carlo Alberto annunziava alla Giunta la sua rinunzia alla carica di reggente, il conte Della Torre, per mezzo di un ufficiale espressamente spedito, notificava al conte di Santarosa

  1. «Vi presento il re d’Italia!» disse il conte Bubna ai suoi ufficiali, additando loro Carlo Alberto, che dovette ascoltarlo, e tacersi. Così almeno mi venne assicurato, ed era cosa divulgatissima a Milano.
  2. Come mai può M. de Beauchamp asserire, che Carlo Alberto promettesse nel suo dispaccio alla Giunta, a condizione che si sottomettesse, una amnistia ed una Carta simile a quella di Francia? Sono sue precise parole. Ma dove pesca cotali informazioni? Ciò è falso sotto di ogni rapporto; il principe di Carignano non solo nulla promise alla giunta, ma non fece nemmeno parola nè di Costituzione nè di Carta. Questo non può essere che un parto dell’immaginazione di M. Beauchamp. Si giudichi della fede che merita.