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Bellotti non rispose al ministro, stette in forse per qualche giorno, e finì con sottomettersi al conte Della Torre. Ciravegna, il cui spirito costituzionale erasi spiegato nella sera del 13 marzo e che continuava a menarne gran chiasso nei suoi discorsi, trasgredì gli ordini reiterati del ministro, rispose evasivamente, e combattuto per poco tra il dovere di cittadino e l’interesse privato, cedè come il primo, accompagnato soltanto da maggiori rimorsi. Bussolino non fece caso di sua missione e scomparve. Non è difficile l’immaginarsi il sinistro effetto di simile condotta sullo spirito pubblico, e quindi sugli avvenimenti nel tempo stesso che agevolava al conte Della Torre l’esecuzione de’ suoi progetti.
Il principe di Carignano non si mise alla testa della reazione; e perchè non farlo? Perchè non compiere un tradimento così bene intrapreso e non disperdere di un colpo ciò ch’era stato ordito sotto suoi auspicii ed eseguito ad un suo cenno? I rinforzi che guidava al conte Della Torre eran tali che lo mettevano in grado di farsi cedere il comando; e sarebbe bastato un risoluto contegno a dileguare dal cuore dei fidi servi del dispotismo, riuniti a Novara, ogni sospetto, ogni rancore. Ma quell’imbelle e sciagurato principe non seppe nemmeno appigliarsi all’unico partito che potesse sottrarlo a quello stato di prostrazione morale e politica. Ei passò il Ticino, quel fiume che tante volte avea promesso varcare duce di esercito liberatore a guerra d’italiana indipendenza, lo varcò come un profugo per gettarsi a’ piedi di un governatore dell’Austria! Il conte Bubna, sotto l’apparenza