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della rivoluzione di roma | 347 |
un altro mondo europeo, debba svolgersi dall’alto della città eterna ch’ebbe il Campidoglio, ed ha il Vaticano.» E più sotto aggiunge: «Unificate l’Italia, la patria vostra, e per questo non avete bisogno di operare, ina di bene dire chi opererà per voi, e nel vostro nome.1»
Avremmo voluto astenerci dal far commenti su questa lettera del Mazzini, ma il passo testè riportato ci chiama a farvi sopra alcune osservazioni.
Queste ultime parole per noi riferite rivelarono massimamente tutto il segreto dei pensieri del Mazzini. Esso diceva al Santo Padre: «Voi benedite, e noi opereremo.» Quindi le parole del Mazzini si erano in parte avverate, ed in parte si avverarono a capello, ed appunto perchè ci sembrano in sommo grado degne di riflessione, ci chiamano a sottoporre ai lettori le considerazioni seguenti.
Il Mazzini è stato sempre il più caldo promotore della unificazione italiana. Nel 1831 ne consigliò l’attuazione a Carlo Alberto con quella famosa lettera che avea per motto: se no, no. Nel 1847 colla lettera qui sopra riportata affidava o consigliava al papa questa intrapresa.
Siccome però il Mazzini, tanto nel 1831 quanto nel 1847 e poi, è stato sempre repubblicano, egli è chiaro che deferendo a questi campioni l’operazione per lui vagheggiata, volea servirsi del braccio loro per cacciare (sotto il vessillo della unificazione) i vari principi italiani. Cacciati che fosser questi, e unificata l’Italia, è chiaro che esso avrebbe voluto cacciare a posta sua l’uno e l’altro di questi luogotenenti della italiana rivoluzione, per impiantare la sua repubblica una ed indivisibile.
Intanto egli è certo che i principi della Giovine Italia furon quelli che prevalsero ed ebbero il sopravvento nelle cose italiane, ed hanno un bel dire i detrattori del Mazzini, fra i quali il Farini e gli altri uomini del giusto mezzo; il Mazzini fu il primo ed il più efficace agente