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da una forza superiore, lo spirito umano, il Pensiero, l’Intelletto. Il Dio di Dante è l’amore, forza unitiva dell’intelletto e dell’atto: il risultato era Sapienza. Il Dio di Machiavelli è l’Intelletto, l’Intelligenza e la regola delle forze mondane: il risultato è Scienza. Bisogna amare, dice Dante. Bisogna intendere, dice Machiavelli. L’anima del mondo dantesco è il cuore; l’anima del mondo machiavellico è il cervello. Quel mondo è essenzialmente mistico ed etico; questo è essenzialmente umano e logico. La virtù muta il suo significato. Non è sentimento morale, ma è semplicemente forza o energia, la tempra dell’animo, e Cesare Borgia è virtuoso perchè avea la forza di operare secondo logica, cioè di accettare i mezzi, quando aveva accettato lo scopo. Se l’anima del mondo è il cervello hai una prosa che è tutta e sola cervello.

Ora possiamo comprendere il Machiavelli nelle sue applicazioni. La Storia di Firenze sotto forma narrativa è una logica degli avvenimenti. Dino scrive col cuore commosso, con l’immaginazione colpita: tutto gli par nuovo, tutto offende il suo senso morale. Vi domina il sentimento etico, come in Dante, nel Mussato, in tutt’i trecentisti. Ma ciò che interessa il Machiavelli, è la spiegazione de’ fatti nelle forze motrici degli uomini, e narra calmo e meditativo a modo di filosofo che ti dia l’interpretazione del mondo. I personaggi non sono colti nel caldo dell’affetto e nel tumulto dell’azione: non è una storia drammatica. L’autore non è sulla scena, nè dietro la scena; ma è nella sua camera, e mentre i fatti gli sfilano avanti, cerca afferrarne i motivi. La sua apatia non è che preoccupazione di filosofo, inteso a spiegare e tutto raccolto in questo lavoro intellettivo, non distratto da emozioni e impressioni. È l’apatia dell’ingegno superiore, che guarda con compassione a’ moti convulsi e nervosi delle passioni.