ciale e mobile, e così ricca d’immaginazione, come povera di coscienza, si può concepire quale viva ammirazione dovessero destare questi quadri plastici. La nuova letteratura iniziata in quei giri musicali del Decamerone si contemplava e si ammirava in queste flessuose ottave, dove la vita nella sua rapida vicenda è così palpabile e così limpida. Procul este, profani. Nessuna ombra del reale, nessuno spettro del presente, nessuna voce profonda del cuore o della mente venga a turbare questa danza serena. Siamo nel regno della pura arte: assistiamo a’ miracoli dell’immaginazione. Il poeta volge le spalle all’Italia, al secolo, al reale e al presente, e naviga come Dante in un altro mondo, e quando dalla lunga via ritorna, si circonda, come d’una corona, di poeti e di artisti, vera immagine di quella Italia, madre della coltura e dell’arte, a cui egli presentava l’Orlando. Ma Dante si traeva appresso nell’altro mondo tutta la terra: la patria lo inseguiva anche colà co’ suoi fantasmi. Ludovico naviga con la testa scarica e il cuore tranquillo come un pittore che viaggia e dipinge quello che vede. Ciò che gli fa tremare la mano, ciò che gli fa battere il cuore, è questo solo pensiero: Quello che mi sta nella testa, quello che io vedo così bene qua dentro uscirà così sulla tela? E tocca e ritocca, sino alla morte, scontento, inquieto: perchè non è tranquillo, chi ha qualche cosa a realizzare sulla terra. Ciò che Ludovico ha a realizzare non è questo o quel contenuto nella sua realtà e serietà. Il mondo cavalleresco è per lui fuori della storia, libera creatura della sua immaginazione. Ciò che ha a realizzare in quello, è la forma, la pura forma, la pura arte, il sogno di quel secolo e di quella società, la Musa del Risorgimento. Ed ha tutte le qualità da ciò. Ha sensibilità più che sentimento; ha impressioni ed emozioni più che passioni; ha vista chiara più che profonda, ha l’anima tranquilla, sgombra di ogni preoccu-