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A questo ufficio adempiono specialmente i paragoni, che nel più vivo dell’emozione te ne distraggono e ti presentano un altro oggetto. Sacripante nel suo dolore paragona la verginella alla rosa. Angelica incalzata da Rinaldo pare una cavriola fuggente, che abbia veduta la madre sotto i denti del pardo:

Ad ogni sterpo che passando tocca
Esser si crede all’empia fera in bocca.

L’impasto leone, l’uscito di tenebre serpente, l’orsa assalita nella petrosa trano, il vase a bocca stretta e a lungo collo, onde l’acqua esce a goccia a goccia, e simili spettacoli, non nuovi e non originali, come presso Dante, ma di apparenze e movenze vivacissime, sono gagliarde diversioni e distrazioni che riconducono la vita al di fuori anche nel maggiore strazio della passione. Veggasi nel canto 45 il lamento di Bradamante che è una vera canzone elegiaca, sparsa di amabili paragoni. Quell’occhio vagante, che cerca sè stesso nella natura, ha già rasciutte le lacrime. Onde nasce quel tono generale del sentimento più vicino all’elegiaco e all’idillico, che all’eroico e al tragico; ciò che è conforme non pure alla natura impressionabile e tenera del poeta, ma alla stessa tendenza dell’arte, dal Petrarca in qua. Anche la natura rimane tutta al di fuori e non ti cerca l’anima, com’è il giardino di Alcina e il paradiso terrestre. Ci è l’immagine, non ci è il sentimento:

Zaffir, rubini, oro, topazi e perle
E diamanti e crisoliti e jacinti
Potriano i fiori assimigliar che per le
Liete piagge v’avea l’aura dipinti.
Cantan fra’ rami gli augelletti vaghi
Azzurri e bianchi e verdi e rossi e gialli,
Murmuranti ruscelli e cheti laghi
Di limpidezza vincono i cristalli.