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grazia e la vivezza toscana e la logica e il brio francese. È una prosa personale, ancora in formazione, piena di reminiscenze latine e oratorie, con una tendenza alla maestà e alla forza. Mostra più calore d’immaginazione che vigore d’intelletto.
Il concetto dominante di questa prosa è l’uomo soprapposto al letterato. Foscolo ti dà la formola della nuova letteratura. La sua forza non è al di fuori, ma al di dentro, nella coscienza dello scrittore, nel suo mondo interiore. Dante e Petrarca visti da questo aspetto risplendono di nuova luce. Lo stile si scioglie dall’elocuzione e da ogni artificio tecnico, e s’interna nel pensiero e nel sentimento. Lo stesso Beccaria è oltrepassato. Ci avviciniamo all’estetica. Non ci è ancora la scienza, ma ce n’è il gusto e la tendenza.
E ci è ancora di più. Vi rinasce il gusto delle investigazioni filosofiche e storiche, tenute in tanto disprezzo da un secolo che faceva tavola di tutto il passato. L’Italia vi ripiglia le sue tradizioni, e si ricongiunge a Vico e Muratori.
Foscolo apriva la via al nuovo secolo. E non è dubbio che, se il progresso umano avvenisse non in modo tumultuario, ma in modo logico e pacifico, l’ultimo scrittore del secolo decimottavo sarebbe stato anche il primo scrittore del secolo decimonono, il capo della nuova scuola. Ma quel progresso vestiva aspetto di reazione, e in quella sua forma negativa e violenta offendeva le idee e le forme di un secolo, del quale Foscolo si sentiva complice. Gli spiaceva soprattutto la guerra mossa alle forme mitologiche. Sentiva in quelle negazioni negato sè stesso. E quando avea già moderate molte sue opinioni religiose e politiche, e s’era fatto della vita un concetto più reale, e s’era spogliata gran parte delle sue illusioni, quando stava già con l’un piè nel nuovo secolo; calunniato, disconosciuto, dimenticato, nel con-