Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/438


― 426 ―

La nuova letteratura si era annunziata con la soppressione della rima. Alla terzina e all’ottava succedeva il verso sciolto. Era una reazione contro la cadenza e la cantilena. La nuova parola, confidente nella serietà del suo contenuto, non pur sopprimeva la musica, ma la rima: bastava ella sola a sè stessa. Foscolo qui sopprime anche la strofa, e non era già una tragedia o un poema, era una composizione lirica alla quale egli osa togliere tutt’i mezzi cantabili e musicali della metrica. Qui è pensiero nudo, acceso nella immaginazione e prorompente, caldo di sè stesso con le sue consonanze e le sue armonie interne. Il verso domato da tenace lavoro, rotte le forme tradizionali e meccaniche, vien fuori spezzato in sè, con nuove tessiture e nuovi suoni, e non è artificio, è voce di dentro, è la musica delle cose, la grande maniera di Dante. Anche il genere parve nuovo. Al sonetto e alla canzone succedeva il Carme, forma libera di ogni esterno meccanismo. Era il poema lirico del mondo morale e religioso, l’elevazione dell’anima nelle alte sfere dell’umanità e della storia, una ricostruzione della coscienza o dell’uomo interiore al di sopra delle passioni contemporanee, era l’uomo intero, nella esteriorità della sua vita di patriota e di cittadino e nella intimità de’ suoi affetti privati, era l’aurora di un nuovo secolo. Il carme preludeva all’Inno. Foscolo batteva alle porte del secolo decimonono.

Entrato in questa via, mette mano ad altri carmi, l’Alceo, la Sventura, l’Oceano. Ma non trova più la prima ispirazione; compone a freddo, letterariamente, gli escono frammenti, niente giunge a maturità. Comparvero ultime le Grazie. Lavoro finissimo di artista, ma il poeta quasi non ci è più.

Rimane un Foscolo in prosa. Hai innanzi la sua Prolusione, le sue lezioni, i suoi scritti critici. Non è prosa francese e non toscana, voglio dire che vi desideri la