Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/407


― 395 ―

cune commedie di esecuzione più o meno perfetta, ma tutte indimenticabili per la chiarezza e la verità della concezione delle situazioni e de’ caratteri: qui fu la sua forza. E la sua debolezza fu il carattere meramente letterario della sua riforma, che lo tiene nella superficie e gli fa produrre un mondo locale e particolare, a cui la sua indifferenza religiosa, filosofica, politica, morale, sociale, la sua poca coltura, la scarsezza de’ suoi motivi interni toglie rilievo e vigore, toglie quella idealità, che viene da un significato generale e permanente. Cosa manca a Goldoni? Non lo spirito, non la forza comica, non l’abilità tecnica: era nato artista. Mancò a lui quello che a Metastasio: gli mancò un mondo interiore della coscienza, operoso, espansivo, appassionato, animato dalla fede e dal sentimento. Mancò a lui quello che mancava da più secoli a tutti gl’italiani, e che rendeva insanabile la loro decadenza: la sincerità e la forza delle convinzioni. Ciò che attestava una possibile rigenerazione, era la riapparizione di quel mondo interiore negli spiriti più eletti, che rimetteva in moto il cervello, e svegliava il sentimento. Il maggiore impulso veniva dal di fuori. Ma l’entusiasmo pubblico mostrava che ci era la materia atta a riceverlo, e che l’Italia dopo lungo riposo si rimetteva in via. Nel Mezzodì l’attività speculativa da Telesio a Coco non mancò mai, e vi si era formata una scuola liberale, che avea per materia la quistione giurisdizionale, e si andava allargando a tutte le utili riforme nell’assetto dello stato; quando le nuove idee vi si affacciarono, trovarono gli spiriti educati e pronti a riceverle, e se ne fecero interpreti eloquenti ed efficaci Filangieri, Pagano e Galiani. Vi si andava così elaborando un nuovo contenuto in una forma piena di spirito e di movimento, spesso ingegnosa e appassionata, filosofia volgarizzata, col linguaggio vivo e spiritoso della gazzetta. Farse, tragedie, commedie, orazioni, disserta-