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tante, cade in discredito. I nuovi astri sono Farinelli e Caffarelli, Piccinni, Leo, Jommelli. La musica ha un’azione benefica sulla forma letteraria, costringendola ad abbreviare i suoi periodi, a sopprimere il suo cerimoniale e la sua solennità, i suoi aggettivi, i suoi ripieni, le sue perifrasi, i suoi sinonimi, i suoi parallelismi, le sue trasposizioni, tutte le sue dotte inutilità, e a prendere un’aria più spedita e andante. Gli orecchi avvezzi alla rapidità musicale non possono più sopportare i periodi accademici e le tirate rettoriche. E se Metastasio è chiamato divino, è per la musicalità della sua poesia, per la chiarezza, il brio e la rapidità dell’espressione. Il pubblico abbandonando la letteratura, la letteratura è costretta a seguire il pubblico. E il pubblico non è più l’accademia, ancorchè di accademie fosse ancora grande il numero, prima l’Arcadia. E non è più la corte, ancorchè i principi avessero ancora intorno istrioni e giullari sotto nome di poeti. La coltura si è distesa. I godimenti dello spirito sono più variati; i periodi e le frasi non bastano più. Compariscono sulla scena filosofi e filantropi, giureconsulti, avvocati e scienziati, musici e cantanti. La parola acquista valore nell’ugola e nella nota, ed è più interessante nelle pagine di Beccaria, o di Galiani, che ne’ libri letterarii. Oramai non si dice più letterato, si dice bell’ingegno o bello spirito. Il letterato diviene sinonimo di parolaio e la parola come parola è merce scadente. La parola, non può ricuperare la sua importanza, se non rifacendosi il sangue, ricostituendo in sè l’idea, la serietà di un contenuto. E questo volea dire il motto che era già in tutte le labbra: cose e non parole.
Già nella critica vedi i segni di questa grande rigenerazione. Rimasta fino allora nel vuoto meccanismo e tra regole convenzionali, la critica si mette in istato di ribellione, spezza audacemente i suoi idoli. Mentre fer-