Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/320


― 308 ―

periodo dove la scienza è ancora erudizione, e nella erudizione si sviluppa la critica. Non è ancora filosofia, ma è già buon senso, fortificata dalla diligenza della ricerca, e dalla pazienza dell’osservazione. Muratori è assai vicino a Galileo per il suo spirito positivo e modesto, e pel giusto criterio. E anche egli osò. Osò combattere il potere temporale, osò porre in guardia gl’italiani contro gli errori e le illusioni della fantasia. Se non gliene venne condanna, fu tolleranza intelligente di Benedetto XIV, il quale disse che le opere degli uomini grandi non si proibiscono, e che la quistione del potere temporale era materia non dogmatica nè di disciplina. Anche il Maffei parve incredulo al Tartarotti, perchè negava la magia, e parve eretico al padre Concina, perchè scrivea De’ teatri antichi e moderni; ma quel buon Papa decretò non doversi abolire i teatri, bensì cercare che le rappresentazioni siano al più possibile oneste e probe. L’Italia papale era più papista del papa.

Un arcade era pure Gian Vincenzo Gravina, tutto Grecia e Roma, tutto Papato e Impero, fra testi e comenti, con le spalle volte all’Europa. Dommatico e assoluto, sentenzia e poco discute, in istile monotono e plumbeo. È ancora il pedante italiano, sepolto sotto il peso della sua dottrina, senza ispirazione, nè originalità, e così vuoto di sentimento, come d’immaginazione. Pure già senti che siamo verso la fine del secolo. Già non hai più innanzi lo erudito che raccoglie e discute testi, ma il critico che si vale della storia e della filosofia per illustrare la giurisprudenza, e si alza ad un concetto del dritto, e ne cerca il principio generatore. Anche la sua Ragion poetica, se non mostra gusto e sentimento dell’arte, colpa non sua, esce da’ limiti empirici della pura erudizione, e ti dà riflessioni d’un carattere generale.

Ecco un altro uomo d’ingegno, Francesco Bianchini,