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della sua tela, e l’Ariosto se ne ride saporitamente, dove il Tasso ne fa il centro del suo racconto. Questo, che i critici chiamavano un episodio, era il concetto sostanziale del poema. Omero canta l’ira di Achille, cioè canta non la ragione, ma la passione, nella quale si manifesta la vita energicamente. Le sue divinità sono esseri appassionati, Giove stesso non è la ragione, ma la necessità delle cose, il Fato. Virgilio s’accosta al concetto cristiano, togliendo il pio Enea agli abbracciamenti di Didone. Pure poeticamente ciò che desta il maggiore interesse non è il pio Enea, ma l’abbandonata Didone. Nella leggenda cristiana il paradiso perduto e il peccato di Adamo sono argomenti epici, ne’ quali erompe la vita nella violenza de’ suoi istinti e delle sue forze. Nella passione e morte di Cristo l’interesse poetico giunge al suo più alto effetto tragico, perchè è il martirio della verità. In Dante questo concetto preso nella sua logica perfezione produce l’astrazione del Paradiso e l’intrusione dell’allegoria, come nel Tasso produce l’astrazione del Goffredo. Si confondeva il vero poetico che è nella rappresentazione della vita, col vero teologico o filosofico, che è un’astrazione mentale o intellettuale della vita. L’Ariosto se la cava benissimo, perchè canta la follia di Orlando; e quando viene la volta della Ragione, volge il fatto a una soluzione comica e piccante, mandando Astolfo a pescarla nel regno della Luna. Il Tasso vuol restaurare il concetto nella sua serietà, e mirando a quella perfezione mentale, gli esce l’infelice costruzione del Goffredo e la fredda allegoria della donna celeste.

Non è meno errato il suo concetto della vita epica. Ciò che lo preoccupa, è la verità storica, il verisimile o il nesso logico, e una certa dignità uguale e sostenuta. E non vede che questo è l’esterno tessuto della vita, o il meccanismo, il semplice materiale con appena la sua ossatura e il suo ordine logico. Il suo occhio