Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/175


― 163 ―

ci è più il poeta, ci è il grammatico e il linguista, coi suoi terribili critici dirimpetto. Corresse anche l’elocuzione, rifiutò i lenocinii, cercò una forma più grave e solenne, che ti riesce fredda e insipida. Peggior guasto nella composizione. Soppresse Olindo e Sofronia, e vi sostituì una fastidiosa rassegna militare. Cacciò via Rinaldo come reminiscenza cavalleresca, e vi ficcò un Riccardo, nome storico delle Crociate, divenuto un Achille, a cui diè un Patroclo in Ruperto. Trasformò Argante in Ettore, figliuolo del re, di Aladino divenuto Ducalto. Fe’ di Solimano un Mezenzio, e lo regalò di un figliuolo per imitare in sulla fine la leggenda virgiliana. Troncò le storie finali di Armida e di Erminia mutata in Nicea. Anticipò la venuta degli egizii, e moltiplicò le azioni militari per occupare il posto lasciato vuoto dagli episodii abbreviati o soppressi. E gli parve così di aver rafforzata l’unità e la semplicità dell’azione, resa più coerente e logica la composizione, e dato al poema un colorito più storico e reale. Ma non parve al pubblico, che non potè risolversi a dimenticare Armida, Rinaldo, Erminia, Sofronia, le sue più care creazioni e più popolari. E dimenticò piuttosto la Gerusalemme conquistata, che oggi nessuno più legge.

La poetica del Tasso è nelle sue basi essenziali conforme a quella di Dante. Lo scopo della poesia è per lui il vero condito in molli versi, come era per Dante il vero sotto favoloso e ornato parlare ascoso. Il concetto religioso è anche il medesimo, la lotta della passione con la ragione. Passione e ragione sono in Dante inferno e paradiso, e nel Tasso Dio e Lucifero, e i loro istrumenti in terra Armida e la celeste guida di Ubaldo e Carlo. L’intreccio è tutto fondato su questo antagonismo, divenuto il luogo comune de’ poeti italiani. L’Armida del Tasso è l’Angelica del Boiardo e dell’Ariosto, salvo che il Boiardo affoga il concetto nella immensità