Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/378


— 368 —

l’aveva immaginata, la concordia amorosa dell’intelletto e dell’atto, è rotta. Il letterato non ha obbligo di avere delle opinioni, e tanto meno di conformarvi la vita. Il pensiero è per lui un dato, venutogli dal di fuori, quale esso sia: a lui spetta dargli la veste. Il suo cervello è un ricco emporio di frasi, di sentenze, di eleganze; il suo orecchio è pieno di cadenze e di armonie: forme vuote e staccate da ogni contenuto. Così nacque il letterato e la forma letteraria.

Il movimento iniziato a Bologna era intellettuale: si cercava negli antichi la scienza. Il movimento ora è puramente letterario: si cerca negli antichi la forma. Sorge la critica circondata di grammatiche e di rettoriche; il gusto si raffina: gli scrittori antichi non sono più confusi in una eguale adorazione: si giudicano, si classificano, pigliano posto. Questi lavori filologici ed eruditi sono la parte più seria e più durevole di questa coltura. Spiccano fra tutti le Eleganze di Lorenzo Valla. Il titolo ti dà già la fisonomia del secolo.

Effetti di questa coltura cortigiana e letteraria, co’ suoi varii centri in tutta Italia, sono una certa stanchezza di produzione, l’inerzia del pensiero, l’imitazione delle forme antiche come modelli assoluti, l’uomo e la natura guardati a traverso di quelle forme. È una nuova trascendenza, il nuovo involucro. Lo scrittore non dice quello che pensa o immagina o sente, perchè non è l’immagine che gli sta innanzi, ma la frase di Orazio o di Virgilio vede il mondo non nella sua vista immediata, ma come si trova rappresentato da’ classici, a quel modo che Dante vedea Beatrice a traverso di Aristotile e di San Tommaso.

Ma non ci è guscio che tenga incontro all’arte. Dante potè spesso rompere quel guscio, perchè era artista. E se in questa cultura fossero elementi serii di vita intellettuale e di elevate ispirazioni, non è dubbio che ve-