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e non ci è chi sappia leggere Dante, e gli studi sono mutati in forni. Il poeta accomiata la canzone in questo modo:

Orfana, trista, sconsolata e cieca,
Senza conforto e fuor d’ogni speranza,
Se alcun giorno t’avanza,
Come tu puoi, ne va peregrinando,
E di’ al cielo: io mi ti raccomando.

Con questi tristi presentimenti si chiude il secolo. Il dugento finisce con Cino e Cavalcanti e Dante già adulti e chiari, finisce come un’aurora entro cui si vede già brillare la vita nuova, una nuova era. Il trecento finisce come un tristo tramonto, così tristo e oscuro che il buon Franco pensa: chi sa se tornerà il sole?

Antonio da Ferrara, sparsasi voce della morte del Petrarca, intuona anche lui un poetico Lamento. Piangono intorno al grand’uomo Grammatica, Rettorica, Storia, Filosofia, e lo accompagnano al sepolcro di Parnaso

E Pallass Minerva venuta dall’angelico regno conserva la sua corona. In ultimo della mesta processione spunta l’autore col suo nome, cognome, e soprannome:

È Anton de’ Beccar, quel da Ferrara,
Che poco sa ma volentieri impara.

È anche un brav’uomo costui, vede anche lui tutto nero:

Del mondo bandita è concordia e pace:
Per l’universo la discordia trona:
Sommerso è ogni bene;
L’amor di Dio ha bando;
E parmi che la Fè vada mancando.