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Così del canto avvien, senz’alcun’arte
Mille Marchetti veggio in ogni parte,

E quando muore il Boccaccio, copioso fonte di eleganze, esclama:

Ora è mancata ogni poèsia,
E vote son le case di Parnaso.
S’io piango, o grido, che miracol fia,
Pensando che un sol c’era rimaso
Giovan Boccaccio, ora è di vita fore?
.   . Quel duol che mi punge
È che niun riman, nè alcun viene,
Che dia segno di spese
A confortar, che io salute aspetti,
Perchè in virtù non è chi si diletti.
Sarà virtù giammai più in altrui?
O starà quanto medicina ascosta,
Quando anni cinquecento perdè il corso?
Chi fia in quella etate,
Forse vedrà rinascer tal semenza;
Ma io ho pur temenza,
Che prima non risuoni l’alta tromba,
Che si farà sentir per ogni tomba.
Ne’ numeri ciascuno ha mente pronta,
Dove moltiplicando s’apperecchia
Sempre tirare a sè con la man destra.
E le meccaniche arti
Abbraccia chi vuol èsser degno ed alto.
Ben veggio giovanetti assai salire
Non con virtù, perchè la curan poco,
Ma tutto adopran in corporea vesta,
.   .   .   .   .   giammai non cercan loco
Dove si faccia delle Muse festa.
Come deggio sperar che surga Dante,
Che già chi il sappia legger non si trova?
E Giovanni che è morto ne fe’ scola.