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e salta fuori snello, rapido, diritto, incisivo. Maestro di scorciatoie e di volteggiamenti, la sua immaginazione covata da un sentimento vero spazia come padrona tra forme antiche e moderne e le fonde e ne fa il suo mondo, e vi lascia sopra il suo stampo. Sarebbe insopportabile questo mondo e profondamente disgustoso, se l’arte non vi avesse profuse tutte le sue veneri, inviluppando la sua nudità in quelle ampie forme latine, come in un velo agitato da venti lascivi. L’arte è la sola serietà del Boccaccio, solo che lo renda meditativo fra le orgie dell’immaginazione, e gli corrughi la fronte nella più sfrenata licenza, come avveniva a Dante e al Petrarca nelle loro più alte e pure ispirazioni. Di che è uscito uno stile dove si trovano fusi i varii uomini che vivevano in lui, il letterato, l’erudito, l’artista, il cortigiano, l’uomo di studio e di mondo, uno stile così personale, così intimo alla sua natura e al suo secolo, che l’imitazione non è possibile, e rimane monumento solitario e colossale fra tante contraffazioni.
Che cosa manca a questo mondo?
Mondo della natura e del senso, gli manca quel sentimento della natura e quel profumo voluttuoso, che gli darà il Poliziano.
Mondo della commedia, gli manca quell’alto sentimento comico nelle sue forme umoristiche e capricciose che gli darà l’Ariosto.
E che cosa è questo mondo?
È il mondo cinico e malizioso della carne, rimasto nelle basse sfere della sensualità e della caricatura spesso buffonesca, inviluppato leggiadramente nelle grazie e nei vezzi di una forma piena di civetteria, un mondo plebeo che fa le fiche allo spirito, grossolano ne’ sentimenti, raggentilito e imbellettato dall’immaginazione, entro del quale si move elegantemente il mondo borghese dello spirito e della coltura con reminiscenze cavalleresche.